Suoni nordici, colori audaci e una missione chiara
Nel cuore gelido e raffinato di Trondheim, tra fantasmi gotici e fiordi nordici, sorge un gioiello culturale che respira innovazione: il PoMo (Posten Moderne). Inaugurato a febbraio 2025 nell’ex Ufficio Postale in stile Jugendstil, il museo trasforma il passato in un ponte verso il futuro. Qui, l’arte moderna e contemporanea si coniuga con una forte intenzione femminista: almeno il 60% del budget d’acquisizione sarà destinato ad artiste donne, non per moda, ma per correggere una storica mancanza di pluralità e complessità nei musei europei.
Un allestimento che invita e sorprende
Progettato dagli architetti India Mahdavi e Erik Langdalen, PoMo si fa riconoscere per l’accoglienza visiva che offre: soffitti avvolgenti, scale mandarino, un bookshop in salmone rosa e installazioni come “Our Magic Hour” di Ugo Rondinone, luminosa arcobaleno sospesa sul tetto.
All’interno, opere di grandissimo livello: Simone Leigh, Louise Bourgeois, Katharina Fritsch, Sol LeWitt, Franz West, solo per citare alcuni. La mostra inauguale, Postcards from the Future, ribadisce la missione: dialogare tra presente e passato, tra artisti noti e nuove voci.

Picasso come sfida, non come rituale celebrativo
PoMo ha poi alzato la posta con la mostra “The Code of Painting”, dedicata agli ultimi anni di Picasso (1969–1972). Scelta coraggiosa: non una retrospettiva canonica, ma una lettura critica che mette in luce il suo finale energico e radicale, attraverso pennellate che si espandono oltre i limiti della forma.
Il PoMo non è semplicemente un museo, ma un atto politico e culturale. È un manifesto che dice: il femminismo non è una parola vuota nei musei, è una pratica concreta. Restituire un edificio pubblico alla comunità, regalargli nuova vita, cura e consapevolezza, significa interrompere il ciclo di esclusione simbolica in cui spesso sono rimasti storicamente artiste e voci femminili. Il modello PoMo ci ricorda che l’arte inclusiva è una sfida quotidiana, e che i musei possono cambiare il mondo non solo con le opere, ma col modo in cui le scelgono e le raccontano.




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