Un business atroce tra paesi e istituzioni
In Armenia, è emersa un’organizzazione criminale che ha strappato neonati a madri indigenti per affidarli a famiglie italiane, eludendo la legge. Stando a un’inchiesta di L’Espresso e IrpiMedia, circa 20 casi sospetti riguardano adozioni illegali gestite da una referente armena in Italia, Anush Garsantyan, accusata di orchestrare il traffico tramite documenti falsi, false cartelle cliniche e sfruttamento delle regulatorie.
L’iter illegale: vuoto normativo e complicità mediche
Il sistema si basava su una formidabile rete di corruzione: medici, assistenti sociali, funzionari di adozione e il referente italiano operavano coordinati. Richiedevano affidi in Italia bypassando i controlli ufficiali. La legge armena vieta il coinvolgimento di intermediari non autorizzati, mentre quella italiana lo consente: un vuoto normativo sfruttato dal racket. Anush Garsantyan è attualmente sotto inchiesta e, secondo i PM armeni, avrebbe guadagnato più di un milione di euro grazie a queste adozioni illegali.
I contorni inquietanti dell’operazione
Le indagini monitorano i tempi sospetti:
- Adozioni internazionali in Armenia diminuite drasticamente dopo il 2018.
- Sospensione delle nuove procedure da parte della Commissione adozioni internazionali (CAI) nel 2022.
- Conferme del meccanismo di traffico attraverso medici compiacenti e documenti falsificati.
Casi analoghi precedenti, fatti inquietanti, parlano di neonati venduti ad adozione o—addirittura—ipoteticamente strappati per il traffico di organi.
Riflessione accusatoria: un crimine contro l’infanzia e la dignità
Si tratta di una perversione del concetto stesso di solidarietà e accoglienza: un mercato illegale costruito sul dolore materno e sull’assenza di tutele autentiche. Non è solo negligenza istituzionale: è criminale violazione della dignità umana. Le autorità armene e italiane devono agire con fermezza, passando da forgine di indifferenza a custodi reali della giustizia. Quando un bambino diventa oggetto di contrattazione e sfruttamento, non è solo una madre a perdere, ma l’intera umanità.




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