Cinque minuti di tregua non bastano più
Più di 10.000 hotel in Europa stanno per notificare una class action contro Booking.com, accusando il colosso delle prenotazioni online di aver imposto per anni clausole ingiustamente restrittive che impedivano ai proprietari di offrire tariffe più basse sui propri canali.
Un ventennio di pratiche “abusive”
Secondo HOTREC (l’Associazione Europea di Hotel, Ristoranti e Bar), in ballo ci sono pratiche applicate tra il 2004 e il 2024, in particolare le cosiddette clausole di “best price” o parity, poi eliminate nel 2024 per conformarsi al Digital Markets Act dell’UE. Tali clausole vietavano alle strutture di vendere a prezzi inferiori sui loro siti o altre piattaforme, ledendo la concorrenza e tagliando i margini di guadagno degli albergatori.
Una battaglia sostenuta da tutto il settore
L’iniziativa, lanciata da HOTREC e sostenuta da 30 associazioni nazionali di hotel, ha già raccolto adesioni massicce. Il termine per iscriversi alla class action è stato prorogato al 29 agosto 2025 per far fronte all’alta affluenza di richieste.

Booking.com si difende: nessuna accusa formale
Booking.com ha replicato definendo le accuse “infondate e fuorvianti”. Pur avendo eliminato le clausole contestate dopo l’entrata in vigore del DMA, sostiene che erano necessarie per garantire un pricing competitivo e che la sentenza della Corte UE del 2024 non ha condannato automaticamente il loro utilizzo.
Riflessione: il prezzo della visibilità
Questo caso illumina una dinamica chiave del mercato digitale: molte strutture dipendono ormai da Booking.com per visibilità e prenotazioni — anche se ciò significa accettare condizioni capestro. Gli albergatori chiedono solo una concorrenza più equa: la soluzione non è rinunciare alla vetrina, ma pretendere di poter competere con le proprie regole.




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