Un ribaltamento di ruoli che scuote la città
A Venezia sta accadendo l’inverosimile: i borseggiatori hanno iniziato a denunciare cittadini che li filmano, fotografano o tentano di fermare. Questi cittadini, spesso definiti “non distratti”, agiscono spinti dal dovere civico, avvertendo turisti e passanti. Ma alcuni delinquenti li accusano di reati come sequestro di persona — nel caso del trattenimento — o violazione della privacy, in caso di condivisione di video online (senza la necessaria autorizzazione).
Il comandante della polizia locale, Marco Agostini, commenta amaramente: “Non possiamo fare nulla perché mancano le norme per trattenere chi ruba o borseggia”.
Riforme che complicano la realtà
La situazione è aggravata dalla riforma Cartabia: il furto con destrezza, spesso utilizzato per descrivere borseggi e scippi, è passato da reato procedibile d’ufficio a procedibile solo a querela. Questo significa che, senza querela da parte della vittima, le autorità non possono intervenire. Inoltre, dal 1993 una sentenza della Corte Costituzionale vieta ai privati di trattenere i presunti responsabili, anche in flagrante.
Parole di chi agisce e istituzioni che chiedono soluzioni
Monica Poli, meglio nota come “Lady Pickpocket”, contesta la situazione con forza: “Noi che segnaliamo chi ruba… diventiamo i colpevoli. È paradossale”. Il sindaco Luigi Brugnaro propone la creazione di una figura simile a un giudice di pace, capace di disporre fino a 12 giorni di custodia cautelare per i borseggiatori — una misura però non ancora normata a livello nazionale. Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ha denunciato il ribaltamento morale: “La vergogna non può essere di chi difende Venezia… siamo al capovolgimento della realtà”.
Questa vicenda mostra quanto distanza ci sia tra legalità e senso civico. I cittadini, stanchi di tacere, rischiano denunce pur agendo nel bene. Serve una riflessione urgente sul ruolo del privato e il sostegno legislativo. Gli abitanti non possono sostituirsi alle forze dell’ordine, ma nemmeno essere puniti per aver difeso la città. È il momento che il Parlamento colmi questo vuoto: una legge chiara può restituire dignità e sicurezza a chi protegge, non a chi deruba.




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