3 Settembre 1982: L’Omicidio che Segnò un’Epoca
Era il 3 settembre 1982 quando, in via Carini a Palermo, Cosa Nostra uccise il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, prefetto della città, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Sul luogo dell’attentato apparve presto un cartello anonimo che diceva: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti“. Una frase che catturava perfettamente il senso di abbandono e la disperazione di un’intera città di fronte alla potenza e alla prepotenza della mafia, in un momento in cui lo Stato sembrava aver abdicato al suo ruolo.
La Missione Impossibile del Generale Antimafia
Dalla Chiesa, eroe della lotta al terrorismo delle Brigate Rosse, fu mandato a Palermo con il ruolo di prefetto lo stesso giorno dell’omicidio di un’altra figura simbolo: Pio La Torre, segretario regionale del PCI, ucciso il 30 aprile 1982. Al generale furono promessi superpoteri per fronteggiare Cosa Nostra, ma la realtà fu che venne lasciato terribilmente solo. Gli furono concessi poco più di cento giorni. In quel breve lasso di tempo, chiese con insistenza personale aggiuntivo e strumenti adeguati. Quei rinforzi non arrivarono mai in tempo.
Le Zone d’Ombra e le Responsabilità Istituzionali
Le “ampie zone d’ombra” sull’omicidio, citate esplicitamente nella sentenza di condanna all’ergastolo per gli esecutori materiali (Vincenzo Galatolo e Antonino Madonia), riguardano proprio le circostanze in cui dalla Chiesa fu mandato in Sicilia e le responsabilità dello Stato. La sentenza afferma che persistono dubbi sulle “modalità con le quali il generale è stato mandato in Sicilia” e sulla “coesistenza di specifici interessi, all’interno delle stesse istituzioni, all’eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale”. Un passaggio che solleva interrogativi gravissimi su possibili omissioni e tradimenti dentro ai palazzi del potere.
L’Eredità e la Legge che Porta il Suo Nome
Il sacrificio di dalla Chiesa non fu vano. La sua morte provocò uno shock tale da accelerare l’approvazione definitiva della legge Rognoni-La Torre, già proposta da Pio La Torre, che introduceva il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis) e la confisca dei beni. Allo stesso generale si deve anche l’intuizione di applicare alla mafia la legge sui collaboratori di giustizia, uno strumento nato per il terrorismo che si rivelò decisivo. I suoi funerali furono una scena di dolore e rabbia, con la folla che contestò ferocemente tutti i politici presenti, risparmiando solo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini.




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