L’algoritmo di Meta ha censurato più volte i contenuti dell’artista italiano Jago, questa volta per le rappresentazioni nude della sua opera “La David”. Un caso emblematico che solleva domande sul ruolo del digitale nella valutazione dell’arte contemporanea e sul confine tra nudo artistico e pornografia.
Cosa è successo
L’artista ha ricevuto da Meta un avviso riguardo alla presenza di immagini di nudo nei post e nei video legati alla scultura. L’opera ha innescato l’algoritmo, che ha interpretato i seni scoperti come contenuto esplicito. Di conseguenza, non solo i post sono stati limitati, ma anche l’account è stato messo in shadowban, visibile solo dai follower già acquisiti.
La reazione dell’artista
Jago ha commentato: “Sarà la decima volta che succede una cosa del genere”. Nonostante le linee guida di Meta consentano la condivisione di nudi artistici, l’algoritmo ha agito in automatico. “La decisione finale spetta a un essere umano, non all’intelligenza artificiale”, ha aggiunto, lamentando l’assenza di risposte ai suoi reclami.
Alcune antecedenti celebri
Non è la prima volta che un’opera d’arte finisce sotto attacco dai filtri automatizzati. In passato, Canova e Raffaello sono stati oscurati, così come la Sirenetta di Copenaghen, semplicemente perché la nudità è stata interpretata come indecente.
La mostra a Taormina
In risposta all’oscuramento digitale, Jago porterà “La David” dal virtuale al reale: dal 3 settembre l’opera sarà esposta nel teatro antico di Taormina, nell’ambito della mostra personale “Gesti scolpiti”. L’apertura sarà accompagnata da un videoracconto sul viaggio della scultura con la nave Amerigo Vespucci.
Il caso evidenzia come gli algoritmi di moderazione dei social siano tuttora incapaci di distinguere tra libertà artistica e contenuti protetti. La censura automatica rischia di soffocare la creatività e il dialogo culturale. “La David” diventa così simbolo della tensione tra arte e tecnologia, tra estetica e regolamento.




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