Il dolore che non si attenua
È trascorso più di un ventennio da quel tragico 1° settembre 2004, a Mazara del Vallo, quando la piccola Denise Pipitone, poco meno di 4 anni, scomparve in un attimo appena. A 21 anni dalla sua sparizione, i genitori Piera Maggio e Pietro Pulizzi ci offrono un messaggio straziante:
“Il dolore non si affievolisce, anzi, ogni anno che passa si acuisce sempre di più… paghiamo sulla nostra pelle insuccessi altrui. Un ergastolo del dolore a vita.”
Un dolore che si rinnova ogni giorno, ma che non spegne mai la speranza.
Una ricerca che abbiamo visto diventare un simbolo collettivo
Le indagini — le piste familiari, le querele, le ipotesi di rapimento o rivalità interne — non hanno portato a una verità definitiva. Le accuse rivolte ad Anna Corona, Jessica Pulizzi e Gaspare Ghaleb si sono concluse con archiviazioni, assoluzioni o prescrizioni. Nel 2021, la riapertura del caso si è nuovamente chiusa senza novità di rilievo.
Una storia che l’Italia intera ha fatto sua
Quella di Denise è diventata una battaglia nazionale, grazie alla tenacia di sua madre, che ha trasformato il suo dolore in resistenza civile. Ci manchi in ogni risata, in ogni angolo della nostra vita: parole che vanno oltre il privato, toccando il cuore di chiunque abbia mai nutrito la speranza.
Non è solo la loro lotta, ma quella di un Paese che non ha dimenticato.
Denise Pipitone non è stata soltanto una vittima scomparsa. Il suo caso è diventato lo specchio di un’intera società: dolorante, affamata di verità, capace di grande empatia ma spesso ostacolata da logiche lente e incerte. A 21 anni di distanza, restano tutte le domande e la rabbia per un male che è rimasto impunito e invisibile. Ma resta anche la forza straordinaria dei suoi genitori, che ogni giorno rinnovano la promessa che non smetteranno mai di cercarla. La vera eredità di questa tragedia è proprio lì: nella speranza di chi non si arrende.




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