Domenica 27 luglio 2025, dopo due settimane di trattative serrate in Scozia, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen hanno annunciato un accordo sui dazi doganali. Le tariffe, inizialmente minacciate al 30%, saranno ridotte ma comunque aumenteranno al 15% su molte merci europee esportate negli USA. Restano invece al 50% i dazi su acciaio e alluminio.
Cosa prevede l’accordo
- Dal 1° agosto 2025: tariffe del 15% su auto, semiconduttori e prodotti farmaceutici europei.
- Per acciaio e alluminio, il dazio rimane al 50%.
- Finora le tariffe medie verso gli Stati Uniti erano circa al 4,8%, quindi l’aumento è significativo.
- L’obiettivo dichiarato da Washington: “proteggere l’industria interna e riequilibrare il deficit commerciale”.
Impatto economico sull’Europa
L’Europa nel suo complesso:
- Automotive: il settore è tra i più colpiti. La Germania subirà l’impatto maggiore, ma anche l’Italia (con Ferrari, Maserati e componentistica) vede ridotta la propria competitività.
- Farmaceutica: paesi come Belgio, Svizzera (non UE ma legata) e Italia (Polo di Latina e Milano) rischiano un calo di ordini.
- Semiconduttori: l’Europa stava tentando di aumentare la propria quota produttiva; ora la pressione dei costi riduce la possibilità di crescita sul mercato USA.

Cosa cambia per l’Italia
- Export automotive:
- L’Italia esporta circa 5 miliardi di euro di auto e componentistica negli Stati Uniti. Con un dazio del 15%, i prezzi finali saliranno, rendendo meno competitivi brand come Ferrari, Maserati, Lamborghini e la componentistica di Stellantis.
- Settore farmaceutico:
- Il comparto farmaceutico italiano vale oltre 13 miliardi di export negli USA. L’aumento dei dazi può tradursi in riduzione dei margini e possibili tagli di ordini da multinazionali americane.
- Acciaio e alluminio:
- Con un dazio al 50%, l’export italiano di metalli (circa 400 milioni l’anno) verso gli USA rischia di azzerarsi, spingendo le aziende a cercare mercati alternativi.
- Filiera logistica e PMI:
- Molte piccole e medie imprese italiane, già strette da costi energetici e inflazione, vedranno peggiorare la loro posizione sui mercati esteri.
L’Italia tra vulnerabilità e necessità di nuove strategie
L’aumento dei dazi mostra quanto il Made in Italy sia esposto alle scelte geopolitiche.
L’Italia, pur avendo un marchio forte, non può competere solo sul prestigio quando i costi crescono.
La dipendenza dall’export verso mercati extra-UE (USA, Cina) è un punto di forza ma anche un rischio: un cambiamento normativo o doganale può azzerare in poche settimane i margini di interi settori.
Questa situazione potrebbe spingere le imprese a:
✅ diversificare i mercati di destinazione (Asia, Medio Oriente);
✅ puntare sulla produzione locale negli USA per aggirare i dazi (scelta già adottata da FCA/Stellantis);
✅ accelerare innovazione e filiere ad alto valore aggiunto per giustificare prezzi più alti.

L’accordo sui dazi tra Trump e von der Leyen è stato presentato come un “compromesso” che evita lo scenario peggiore del 30%, ma per l’Italia si traduce comunque in un colpo significativo all’export. Per mantenere la competitività del Made in Italy, serviranno nuove strategie industriali e diplomatiche: il prestigio non basta quando le regole del commercio globale cambiano così rapidamente.




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