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In Italia il 10% comanda, il resto sopravvive: la ricchezza è solo per pochi

In Italia il 10% comanda, il resto sopravvive: la ricchezza è solo per pochi

Cresce la disuguaglianza in Italia

Negli ultimi anni, la disuguaglianza economica in Italia ha registrato un’impennata preoccupante. Secondo i dati più aggiornati, il 10% più ricco della popolazione italiana possiede oltre il 60% della ricchezza nazionale, mentre la metà più povera detiene appena il 7,4%. Una concentrazione che non solo è tra le più alte d’Europa, ma che continua ad aggravarsi di anno in anno.

Questo squilibrio patrimoniale evidenzia un Paese spaccato in due: da una parte una minoranza con accesso a immobili, risparmi e investimenti finanziari, dall’altra una maggioranza sempre più esposta all’instabilità economica e priva di qualsiasi forma di sicurezza. Il problema non è solo morale: si tratta di una condizione che compromette la coesione sociale e ostacola la crescita economica nel lungo periodo.

Questa crescente concentrazione della ricchezza deriva spesso da rendite passive e successioni ereditarie, non dal lavoro o dall’innovazione. In un sistema in cui chi è ricco tende a restare tale e chi nasce povero ha sempre meno possibilità di emancipazione, il concetto di merito perde significato e l’ascensore sociale si blocca. Questo fenomeno mina alla base la fiducia nelle istituzioni e rafforza il senso di ingiustizia diffuso tra i cittadini.

Divari generazionali sempre più marcati

Accanto alla frattura sociale, l’Italia vive anche una profonda disuguaglianza generazionale. I dati più recenti mostrano che i giovani nati dopo il 1980 possiedono oggi un patrimonio nettamente inferiore rispetto a quello dei loro genitori alla stessa età. In media, un quarantenne di oggi ha circa il 50% in meno di patrimonio rispetto a un quarantenne nato nel dopoguerra.

Nel 2024, il 75% della ricchezza totale è risultata in mano a persone con più di 50 anni. Di questa, ben il 40% è detenuta da pensionati over 65. Le generazioni sotto i 35 anni, invece, non arrivano neppure al 9%. Questo squilibrio patrimoniale ha effetti devastanti sull’autonomia, sull’accesso alla casa, sulla possibilità di costruirsi un futuro.

La situazione si riflette anche su altri dati: l’età media del primo impiego stabile ha raggiunto i 32,6 anni, mentre quella del primo figlio ha superato i 33 anni. La conseguenza è un calo demografico strutturale, un sistema pensionistico sotto pressione e una popolazione giovanile sempre più frustrata e demotivata.

Il fatto che lavorare non basti più per crearsi una stabilità economica mina la fiducia nelle istituzioni e innesca una spirale negativa fatta di precarietà, rassegnazione e rabbia sociale. Se non si interviene rapidamente, il divario tra giovani e anziani rischia di diventare irreversibile.

Povertà, reddito e rischi per milioni di famiglie

La crescita della disuguaglianza si riflette anche su un altro dato preoccupante: l’aumento della povertà relativa e assoluta. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2024 ben 13,5 milioni di italiani, pari al 23,1% della popolazione, sono a rischio di povertà o esclusione sociale. In altre parole, quasi una persona su quattro vive in una condizione economica instabile o insufficiente.

Il reddito familiare mediano in Italia si attesta intorno ai 2.503 euro al mese, ma per milioni di famiglie questa cifra è un miraggio. Il 18,9% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà relativa, mentre il 4,6% si trova in condizioni di grave deprivazione: non può affrontare spese mediche, pagare bollette o garantire ai figli un’alimentazione adeguata.

Particolarmente colpite sono le famiglie con figli, soprattutto quelle monogenitoriali. In questi casi, il rischio di povertà supera il 19%, a fronte di una media nazionale già alta. Inoltre, le famiglie con bassa intensità lavorativa rappresentano ormai il 9,2% della popolazione: in queste realtà, il lavoro è precario, saltuario, mal pagato o del tutto assente.

Un altro elemento critico è l’erosione dei salari reali. Tra il 2019 e il 2024, il potere d’acquisto è diminuito di oltre il 10%, con un aumento significativo dei cosiddetti working poor: persone che lavorano a tempo pieno ma restano comunque sotto la soglia di povertà. In Italia, questa categoria riguarda già il 12% dei lavoratori dipendenti.

La povertà, dunque, non è più solo un problema di chi è disoccupato, ma anche di chi lavora senza tutele, con contratti a termine e compensi troppo bassi. Se non si interviene con una riforma strutturale del fisco e del welfare, il rischio è di rendere la povertà una condizione permanente e trasmissibile tra generazioni.

Famiglie a rischio

Le famiglie a bassa intensità lavorativa sono il 9,2 % nel 2024 (~3,9 milioni di persone), in crescita rispetto all’8,9 % del 2023 Istat. Le famiglie con figli, in particolare monogenitori, soffrono di più: 19,5 % a rischio povertà contro il 15,2% medio Istat.

Concentrazione patrimoniale inique

La Banca d’Italia conferma che il 5 % più ricco detiene il 46 % della ricchezza netta e che il divario tra top‑10% e metà più povera è salito da 6,3 volte nel 2010 a 8 volte nel 2024 L’indice di Gini sulla ricchezza è schizzato fuori misura, raggiungendo valori intorno a 0,76 nel 2016

Le cause principali

Le radici di questa disuguaglianza includono:

  • crescita lenta e salari stagnanti,
  • rendimenti finanziari e immobiliari crescenti per i ricchi
  • tassazione debole su patrimoni e successioni,
  • bassi redditi reali per chi vive di lavoro.

Il trasferimento stimato di 6 400 miliardi € entro il 2045 potrebbe accentuare il divario se non accompagnato da riforme fiscali

Impatti sociali e generazionali

Disuguaglianza e povertà aumentano la sfiducia sociale, la frammentazione e l’instabilità politica . Le nuove generazioni, con redditi reali in calo, incontrano barriere crescenti all’indipendenza, all’acquisto di una casa, alla formazione.

Il 63 % delle famiglie italiane fatica ad arrivare a fine mese, ben oltre la media UE del 45,5%.

Serve una tassazione equa

Tortuga, Oxfam e Istat propongono:

  • Imposte di successione potenziate,
  • Fisco progressivo su rendite e patrimoni,
  • Salario minimo e contrattazione collettiva rafforzata,
  • Investimenti in istruzione, sanità, welfare per ridurre le disuguaglianze.

La richiesta del G20 di una tassa minima del 2 % sui miliardari potrebbe portare in Italia 8‑15 miliardi € annui

Un 2023 di record e un’occasione persa

La ricchezza netta delle famiglie ha toccato 11 286 miliardi € nel 2023 (↑4,5%). Ma è concentrata sempre più nelle mani di pochi, mentre l’inflazione riduce il potere d’acquisto della popolazione.

Quel capitale poteva finanziare la crescita, la sostenibilità, il rilancio del Paese.

La disparità in Italia non è solo economica: è soprattutto generazionale e sociale. Se vogliamo una società libera e coesa, serve un patto generazionale che usi queste risorse per garantire mobilità sociale, diritti e speranza nel futuro. Il tempo per agire è ora.


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