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Censura Von der Leyen: Conflitti Politici in Europa

Censura Von der Leyen: Conflitti Politici in Europa

Un voto simbolico che ha creato un terremoto

L’11 luglio 2025 il Parlamento europeo ha respinto, ma con numeri significativi, una mozione di censura nei confronti di Ursula von der Leyen, attuale presidente uscente della Commissione Europea. Dietro a questo voto si nasconde molto più di una semplice dinamica istituzionale: l’Europa è divisa, e con essa anche la maggioranza italiana di governo.

Mentre a Bruxelles si consuma l’ennesimo atto del lungo confronto sulla governance futura dell’UE, a Roma la tensione è altissima. La spaccatura netta tra Forza Italia da una parte, e Lega e Fratelli d’Italia dall’altra, mostra come la maggioranza che sostiene il governo Meloni sia sempre più eterogenea e instabile.

Perché questa mozione?

La mozione è stata presentata da una parte dell’emiciclo europea che include gruppi sovranisti e conservatori, contrari alla rielezione della von der Leyen e critici sul bilancio dell’attuale Commissione. I motivi principali alla base dell’iniziativa:

  • La gestione ritenuta centralista e “poco democratica” della pandemia e del Green Deal
  • Le politiche migratorie considerate troppo permissive
  • L’appoggio esplicito della Commissione a un nuovo “cordone sanitario” contro le destre europee più radicali

In particolare, il sostegno di von der Leyen al voto utile tra popolari, socialisti e liberali per ostacolare la crescita dei sovranisti ha fatto infuriare Lega e FdI, che hanno interpretato la sua posizione come un attacco diretto.

Come hanno votato i partiti italiani

Il voto ha fotografato una frattura profondissima tra gli eurodeputati italiani. Ecco lo schema:

  • Forza Italia (PPE): ha votato compatta contro la censura.
  • Lega (ID): ha votato a favore.
  • Fratelli d’Italia (ECR): la maggioranza non ha partecipato al voto, ma non ha espresso sostegno alla presidente.
  • Partito Democratico (S&D): solo 2/3 ha votato contro la censura, il resto ha disertato il voto.
  • Movimento 5 Stelle (NI): posizione eterogenea, alcuni hanno votato a favore, altri si sono astenuti.

Forza Italia difende von der Leyen: “Atto irresponsabile”

Il gruppo di Forza Italia al Parlamento europeo si è schierato apertamente con la presidente uscente, difendendone il mandato. Per il partito di Antonio Tajani, già vicepresidente della Commissione e figura centrale del PPE, il voto è stato un atto di coerenza europeista.

“Questa mozione è un gesto pericoloso, irresponsabile e contro gli interessi italiani ed europei”, ha dichiarato Massimiliano Salini, eurodeputato FI.
“Sostenere von der Leyen significa garantire stabilità e difendere le istituzioni europee dai populismi.”

Lega e FdI: rottura totale con Bruxelles

La Lega, invece, ha approfittato del voto per lanciare un segnale politico forte. Per Matteo Salvini, il no a von der Leyen è un messaggio contro la deriva burocratica di Bruxelles e una rivendicazione di sovranità nazionale.

Fratelli d’Italia ha adottato una strategia ambigua: molti eurodeputati non hanno votato, ma senza nascondere il disappunto verso la Commissione. Secondo indiscrezioni, Meloni ha lasciato libertà di coscienza, consapevole della delicatezza dell’equilibrio europeo.

Questa scelta ha però alimentato le tensioni interne alla maggioranza.

Il Partito Democratico? Spaccato e silenzioso

Il Partito Democratico, pur facendo parte della famiglia socialista europea, non è riuscito a garantire la piena partecipazione al voto. Circa un terzo dei suoi eurodeputati ha deciso di non votare. Un segnale di malcontento sotterraneo che potrebbe emergere nei prossimi mesi, soprattutto se la leadership di Elly Schlein dovesse perdere peso nei sondaggi.

La posizione ufficiale del PD è stata comunque di difesa della Commissione, ma senza grande entusiasmo. Segno che anche l’opposizione è attraversata da tensioni interne.

Il peso politico della mozione (anche se bocciata)

Sebbene la mozione non sia passata, il suo peso politico è enorme:

  • Ha dimostrato che la futura maggioranza in Europa è fragile
  • Ha messo in difficoltà von der Leyen, che rischia di non ottenere la riconferma
  • Ha creato una frattura politica in Italia che potrebbe riverberarsi sul governo
  • Ha chiarito che i prossimi mesi saranno decisivi per i rapporti tra Roma e Bruxelles

Le possibili conseguenze sul governo Meloni

La spaccatura nel voto europeo apre uno scenario complicato per il governo italiano. Giorgia Meloni si trova schiacciata tra due fuochi:

  • Da un lato, la Lega di Salvini, che vuole un’alleanza stabile con le destre europee e rifiuta qualsiasi compromesso con i popolari.
  • Dall’altro, Forza Italia, che resta saldamente ancorata all’asse moderato e filoeuropeo del PPE.

Questo scontro potrebbe avere ripercussioni gravi in autunno, quando si tornerà a discutere di:

  • Legge di Bilancio, con priorità diverse tra i partiti
  • Riforma dell’autonomia differenziata, osteggiata da FI
  • Nomine europee, che richiederanno una linea comune

Già si parla di un possibile rimpasto dopo l’estate o di un accorciamento della legislatura con elezioni anticipate nel 2026.

I rapporti con Bruxelles si complicano

Anche a livello europeo, la posizione dell’Italia rischia di diventare più ambigua e isolata. Se von der Leyen dovesse ottenere un secondo mandato (ipotesi al momento in bilico), l’Italia si ritroverebbe con un governo che non l’ha sostenuta, o addirittura l’ha osteggiata.

Questo potrebbe compromettere:

  • La presenza italiana in ruoli chiave della nuova Commissione
  • Il peso negoziale su dossier strategici (Piano Mattei, PNRR, difesa comune)
  • I rapporti diplomatici con Francia e Germania

Von der Leyen: conferma in bilico

Ursula von der Leyen, pur essendo sostenuta ufficialmente dal PPE, non ha ancora i numeri certi per la riconferma. I voti dei socialisti e dei liberali potrebbero non bastare. Se i Verdi o parte dei centristi si sfilano, serviranno altri accordi, magari con alcuni esponenti del gruppo ECR — lo stesso di Meloni.

Una riconferma appoggiata da Meloni sarebbe un colpo di teatro, ma anche un rischio per entrambe. Al momento, la posizione italiana resta opaca.

L’Europa cambia, l’Italia si divide

Quello che è accaduto con la mozione di censura a Ursula von der Leyen non è un semplice episodio da archiviare come un normale gioco di equilibri parlamentari. È lo specchio di una crisi più profonda: una frattura tra Roma e Bruxelles, ma anche una divisione interna al governo italiano che potrebbe pesare fortemente nei prossimi mesi.

La premier Giorgia Meloni si trova davanti a un bivio: da un lato l’alleanza di governo che inizia a scricchiolare su ogni grande dossier europeo, dall’altro la necessità di mantenere credibilità internazionale in un momento in cui l’Italia ha ancora risorse del PNRR da gestire, sfide economiche da affrontare e trattative chiave da condurre in Europa.

Von der Leyen è diventata il simbolo di questa doppia tensione. Per alcuni è l’ultima diga contro i populismi e la disintegrazione europea, per altri è il volto della tecnocrazia autoreferenziale da combattere. Ma in mezzo ci sono gli interessi strategici dell’Italia: fondi europei, transizione ecologica, sicurezza, competitività. Logorare i rapporti con Bruxelles senza avere una visione chiara può trasformarsi in un boomerang.

Nel frattempo, i cittadini assistono a uno spettacolo disorientante, in cui i partiti di governo si smentiscono l’un l’altro a livello europeo e nessuno sembra più rappresentare una linea coerente. Il rischio? Che la frattura si allarghi anche su altri temi: energia, migranti, difesa, relazioni internazionali.

Questa vicenda ha mostrato come l’Europa non sia più solo un tema da tecnici e burocrati, ma un campo di battaglia centrale per gli equilibri interni della politica italiana. La censura a von der Leyen non è passata, ma ha aperto una nuova fase: più instabile, più conflittuale e — forse — più onesta. L’illusione di un fronte unito è caduta. Ora tocca alla politica decidere se affrontare questa nuova realtà con coraggio o nascondersi dietro le solite formule vuote.

La sfida non è solo tra von der Leyen e i suoi oppositori. È tra due visioni contrapposte di Europa. E l’Italia, ancora una volta, è nel mezzo.


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