Un anniversario che brucia
Il 9 luglio 2025 non è una data come le altre. È il diciannovesimo anniversario dal trionfo dell’Italia ai Mondiali 2006. Da allora, però, qualcosa si è rotto. La Nazionale azzurra ha vissuto una lenta e dolorosa caduta di risultati. Due clamorose non qualificazioni consecutive ai mondiali (2018 e 2022) hanno acceso l’allarme sul presente e sul futuro del calcio italiano.
Il ricordo di Berlino 2006
Quel 9 luglio 2006, allo stadio Olimpico di Berlino, l’Italia superava la Francia ai calci di rigore e conquistava la quarta Coppa del Mondo. L’immagine di Fabio Grosso che segna l’ultimo rigore e corre sotto la curva è ancora oggi impressa nella memoria collettiva.
Quella squadra era solida, compatta, determinata. Era soprattutto costruita attorno a uno zoccolo duro della Juventus: Buffon, Cannavaro, Zambrotta, Del Piero e Camoranesi. Una base di leader che dava stabilità, esperienza e fame di vittorie.
Il crollo dopo la gloria
Ma dopo Berlino, è iniziato il lento declino. I risultati nei mondiali successivi sono stati deludenti. Nel 2010 e nel 2014, l’Italia è uscita ai gironi. Poi è arrivata la vera catastrofe sportiva: la mancata qualificazione ai Mondiali del 2018 in Russia.
La sconfitta contro la Svezia nei playoff ha segnato una delle pagine più nere della storia azzurra. Un trauma collettivo che ha scosso un intero Paese, ma che si è ripetuto in maniera ancor più dolorosa quattro anni dopo.

Il disastro del 2022: fuori anche in Qatar
Dopo aver vinto l’Europeo 2021 a Wembley, l’Italia di Roberto Mancini sembrava aver ritrovato una sua identità. Una Nazionale bella da vedere, con un mix tra esperienza e giovani talenti. La vittoria ai rigori contro l’Inghilterra fu storica. Una parentesi di gloria, ma anche un’illusione.
Perché appena otto mesi dopo, arriva la seconda esclusione consecutiva dal mondiale. L’Italia viene eliminata ai playoff da una modesta Macedonia del Nord. Una partita surreale, giocata senza mordente e con la testa altrove. La delusione fu enorme.
L’Europeo 2021: un fuoco di paglia?
La vittoria dell’Europeo in Inghilterra resta un trionfo, ma è ormai chiaro che non è bastato a ricostruire un sistema. Molti di quei giocatori, come Chiellini, Bonucci e Jorginho, erano alla fine del ciclo. Senza un ricambio vero, l’Italia ha pagato caro la mancanza di una base solida.
Anche in quel caso, la colonna portante era formata da giocatori della Juventus: Chiellini, Bonucci, Chiesa, Bernardeschi. È grazie alla loro esperienza e mentalità vincente che si è costruito il gruppo. Una volta usciti di scena, il vuoto è diventato evidente.

L’Italia senza Juventus non funziona
È un fatto: negli anni in cui la Juventus ha fornito giocatori chiave alla Nazionale, i risultati sono arrivati. Non solo nel 2006 e nel 2021, ma anche nelle fasi di qualificazione più brillanti. La Juve rappresentava un blocco coeso, abituato a vincere, a lottare e a fare gruppo.
Negli ultimi anni, però, lo zoccolo duro juventino è sparito. I nuovi azzurri provengono da squadre con poca esperienza internazionale o da contesti meno vincenti. Il risultato? Una Nazionale fragile, senza identità, incapace di affrontare la pressione nei momenti decisivi.

Le due mancate qualificazioni: un’anomalia storica
Essere campioni d’Europa nel 2021 e mancare i mondiali del 2022 è un’anomalia assoluta. Mancare due edizioni consecutive dei Mondiali è qualcosa di impensabile per un Paese con quattro titoli mondiali alle spalle. È la prima volta che accade nella storia dell’Italia.
Nel 2018, l’uscita ai playoff contro la Svezia sotto la guida di Ventura ha mostrato una Nazionale spenta, senza idee. Nel 2022, con Mancini, il gioco c’era, ma mancavano lucidità e cinismo. Ancora una volta, si è sentita la mancanza di leader esperti, quelli abituati alle grandi battaglie.
Le dichiarazioni amare dei protagonisti
Dopo l’eliminazione del 2022, Giorgio Chiellini dichiarò: “Siamo distrutti e schiacciati”. Un sentimento condiviso anche da Donnarumma e Verratti. La delusione era doppia: per aver mancato il mondiale e per averlo fatto subito dopo un successo storico come l’Europeo.
Anche Mancini, pur rimanendo in carica per un altro anno, ammise che la squadra aveva “smarrito la fame”. E il peso della pressione, senza uomini abituati a reggerla, si è fatto sentire tutto.
Il presente: ansia per il 2026
Oggi, nel luglio del 2025, l’Italia guarda con ansia e timore alle qualificazioni per il Mondiale del 2026. Le ultime partite, come la sconfitta con la Norvegia, hanno mostrato una squadra ancora insicura, giovane ma priva di riferimenti stabili.
L’arrivo di Gennaro Gattuso sulla panchina azzurra è visto come una scelta di rottura. Serve grinta, serve ricostruire un gruppo, ma soprattutto serve una base solida di club che possa offrire leader pronti. E in questo, la Juventus continua a mancare.
Il problema di sistema
La crisi azzurra non è solo colpa dei ct. È un problema strutturale. I vivai producono pochi giocatori pronti per l’alto livello. I club investono sugli stranieri, e i giovani italiani non trovano spazio. Le squadre di vertice non offrono più quel blocco che, storicamente, ha fatto la differenza.
La Juventus, che per anni ha garantito stabilità tecnica ed emotiva, oggi non è più il riferimento della Nazionale. Altre squadre come l’Inter e il Napoli hanno dato contributi saltuari, ma non hanno creato una vera “spina dorsale”.

Lezione dalla storia: la Francia docet
Anche la Francia ha vissuto periodi difficili. Dopo il mondiale del 1998, ha mancato obiettivi e vissuto periodi di crisi. Ma ha saputo rigenerarsi, puntando su accademie, scouting e lavoro di sistema. Il risultato? Finali mondiali nel 2018 e 2022.
L’Italia deve fare lo stesso: ricostruire non solo la Nazionale, ma anche le fondamenta. Serve investire nei settori giovanili, creare continuità tra under e senior, e soprattutto riavere una Juventus competitiva, che possa dare nuovamente forza al gruppo azzurro.
19 anni dopo, un bivio cruciale
Il 9 luglio 2025 è una data che impone riflessione. Sono passati diciannove anni dall’ultima grande gioia, ma i segni del tempo sono visibili. L’Italia ha vissuto un picco illusorio nel 2021, ma ha pagato la mancanza di programmazione, identità e leader.
Senza lo zoccolo duro juventino, la Nazionale ha perso la sua anima. Se si vuole tornare a vincere, bisogna ripartire da lì: costruire un gruppo solido, valorizzare chi ha esperienza nei top club e ritrovare il senso di appartenenza che ha fatto grande l’Italia.




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